Francesco Cuttitta
Così
curated by Giusi Diana
September 7 - November 6, 2022
La frontalità, la fissità e l’immobilità. Un istante sospeso, sottratto abilmente al flusso dell’esistenza, per mostrare un mistero a cui non prestiamo attenzione: la sfrontata evidenza delle cose, ma anche la loro metamorfica mutazione. Un mondo tanto evidente, limpido e cristallino da essere estenuante. Cose “Così” evidenti da sparire per paradosso l’attimo dopo, quando distogliamo lo sguardo e l’attenzione; Cuttitta ne fa un resoconto dettagliato, in un’enumerazione vertiginosa e esatta, per essere sicuro che anche quando non le guardiamo, le cose esistano ancora, e noi insieme a loro. Avviene in Sofia, acrilico del 2020, in cui oltre al soggetto femminile ritratto in un interno, compare un miniaturizzato autoritratto allo specchio (è l’appiglio dell’io che altrimenti rischia di perdersi)
Natura morta, è la seconda di una serie di dipinti che hanno come soggetto dei vasi con fiori recisi. Da osservatori siamo catapultati all’interno della scena, seduti al tavolo, di cui si scorge, nella parte inferiore del dipinto, il piano ingombro di oggetti quotidiani. La squadra, il compasso, la piccola lampada da tavolo bianca, la mascherina chirurgica azzurra, il portafoglio di pelle marrone, il posacenere etc. Il vaso al centro del tavolo è di porcellana bianca con graziosi motivi floreali verdi, rossi e blu; al di sopra dell’imboccatura: un’esplosione effimera e vivace. Si tratta di lunghi steli fioriti in forme fantastiche: aster verdi, anthurium bianchi e amaryllis rossi l’indicibile, misterioso linguaggio degli esseri vegetali. Il vaso ha come piedistallo un grosso tomo bianco, si tratta di “L’uomo senza quali- tà” di Musil, nell’edizione Einaudi. Il gusto del dettaglio, lo porta alla precisione del miniaturista, sia nel riprodurre fedelmente il logo della casa editrice, sia nelle scritte sulla carta geografica nello sfondo, e in una variegata serie di elementi: il disegno del tappeto sul pavimento, i titoli dei libri sul mobile basso, il dipinto appeso sopra di esso. Presentando in un’altra occasione il lavoro dell’artista, avevo notato che la postura utilizzata nella sua pittura è quella del “viaggiatore immobile” cioè colui che per superare i limiti della propria visione naturale utilizza la media- zione di una protesi per mettere a fuoco i dettagli più piccoli. Come nella soggettiva cinematografica, i suoi dipinti infatti non conoscono distanze, perché le hanno annullate grazie alla mediazione dell’artificio pittorico. Solo così riusciamo a leggere perfino i dettagli più piccoli, invisibili a occhio nudo. Che è come dire che il naturalismo è solo una trappola ben congegnata. In fin dei conti è questo che fa la pittura, gioca con lo spettatore e i suoi meccanismi percettivi, influenzandone l’idea che si è fatto del mondo.
In American Collectors at Tate Britain, un acrilico su tela di un metro e mezzo per due, Cuttitta dipinge un quadro nel quadro, una delle opere più famose dell’artista britannico David Hockney: American Collectors (Fred and Marcia Weisman) del 1968. Hockney nell’opera rende i due personaggi ritratti, oggetti tra gli oggetti collezionati. Tra le opere d’arte che appaiono nel dipinto, c’è infatti la scultura di William Turnbull che si frappone tra i Weisman. Hockney aveva dipinto anch’egli dunque un’opera nell’opera, e Cuttitta prosegue il gioco, ricontestualizzando il dipinto dell’artista britannico alla Tate Britain, inserendo un secondo doppio ritratto, questa volta di due visitatori seduti davanti al dipinto, mentre lo osservano in silenzio. Cose tra le cose, una vertigine.
Nota bene. Nel linguaggio cinematografico con il termine di soggettiva si definisce un’inquadratura che rappresenta sullo schermo ciò che vede un personaggio dal proprio punto di vista. Spesso è introdotta da un primo piano di colui che osserva e talvolta si conclude con il ritorno al primo piano.
Exhibition view, Photo © Filippo M. Nicoletti
Francesco Cuttitta
Così
curated by Giusi Diana
September 7 - November 6, 2022
La frontalità, la fissità e l’immobilità. Un istante sospeso, sottratto abilmente al flusso dell’esistenza, per mostrare un mistero a cui non prestiamo attenzione: la sfrontata evidenza delle cose, ma anche la loro metamorfica mutazione. Un mondo tanto evidente, limpido e cristallino da essere estenuante. Cose “Così” evidenti da sparire per paradosso l’attimo dopo, quando distogliamo lo sguardo e l’attenzione; Cuttitta ne fa un resoconto dettagliato, in un’enumerazione vertiginosa e esatta, per essere sicuro che anche quando non le guardiamo, le cose esistano ancora, e noi insieme a loro. Avviene in Sofia, acrilico del 2020, in cui oltre al soggetto femminile ritratto in un interno, compare un miniaturizzato autoritratto allo specchio (è l’appiglio dell’io che altrimenti rischia di perdersi)
Natura morta, è la seconda di una serie di dipinti che hanno come soggetto dei vasi con fiori recisi. Da osservatori siamo catapultati all’interno della scena, seduti al tavolo, di cui si scorge, nella parte inferiore del dipinto, il piano ingombro di oggetti quotidiani. La squadra, il compasso, la piccola lampada da tavolo bianca, la mascherina chirurgica azzurra, il portafoglio di pelle marrone, il posacenere etc. Il vaso al centro del tavolo è di porcellana bianca con graziosi motivi floreali verdi, rossi e blu; al di sopra dell’imboccatura: un’esplosione effimera e vivace. Si tratta di lunghi steli fioriti in forme fantastiche: aster verdi, anthurium bianchi e amaryllis rossi l’indicibile, misterioso linguaggio degli esseri vegetali. Il vaso ha come piedistallo un grosso tomo bianco, si tratta di “L’uomo senza quali- tà” di Musil, nell’edizione Einaudi. Il gusto del dettaglio, lo porta alla precisione del miniaturista, sia nel riprodurre fedelmente il logo della casa editrice, sia nelle scritte sulla carta geografica nello sfondo, e in una variegata serie di elementi: il disegno del tappeto sul pavimento, i titoli dei libri sul mobile basso, il dipinto appeso sopra di esso. Presentando in un’altra occasione il lavoro dell’artista, avevo notato che la postura utilizzata nella sua pittura è quella del “viaggiatore immobile” cioè colui che per superare i limiti della propria visione naturale utilizza la media- zione di una protesi per mettere a fuoco i dettagli più piccoli. Come nella soggettiva cinematografica, i suoi dipinti infatti non conoscono distanze, perché le hanno annullate grazie alla mediazione dell’artificio pittorico. Solo così riusciamo a leggere perfino i dettagli più piccoli, invisibili a occhio nudo. Che è come dire che il naturalismo è solo una trappola ben congegnata. In fin dei conti è questo che fa la pittura, gioca con lo spettatore e i suoi meccanismi percettivi, influenzandone l’idea che si è fatto del mondo.
In American Collectors at Tate Britain, un acrilico su tela di un metro e mezzo per due, Cuttitta dipinge un quadro nel quadro, una delle opere più famose dell’artista britannico David Hockney: American Collectors (Fred and Marcia Weisman) del 1968. Hockney nell’opera rende i due personaggi ritratti, oggetti tra gli oggetti collezionati. Tra le opere d’arte che appaiono nel dipinto, c’è infatti la scultura di William Turnbull che si frappone tra i Weisman. Hockney aveva dipinto anch’egli dunque un’opera nell’opera, e Cuttitta prosegue il gioco, ricontestualizzando il dipinto dell’artista britannico alla Tate Britain, inserendo un secondo doppio ritratto, questa volta di due visitatori seduti davanti al dipinto, mentre lo osservano in silenzio. Cose tra le cose, una vertigine.
Nota bene. Nel linguaggio cinematografico con il termine di soggettiva si definisce un’inquadratura che rappresenta sullo schermo ciò che vede un personaggio dal proprio punto di vista. Spesso è introdotta da un primo piano di colui che osserva e talvolta si conclude con il ritorno al primo piano.
Exhibition view, Photo © Filippo M. Nicoletti